Il Sole 24 Ore – Renato Palazzi
by on December 21, 2015 in LA BORTO PRESS

 

Tre anni fa, con Dissonorata, aveva vinto un doppio premio Ubu, come miglior attore e miglior autore: può capitare, dopo exploit del genere, che affrontando un impegno successivo si incorra in un calo di tensione, in una tendenza magari inconsapevole a ripetersi, a rifugiarsi nei canoni di una formula collaudata. Invece il bravissimo Saverio La Ruina, in questo nuovo spettacolo, la Borto, riesce quasi prodigiosamente a mantenersi fedele a uno stile senza perdere nulla nell’intensità della scrittura e dell’interpretazione. Anche in questo caso il calabrese La Ruina testimonia la cultura di un Sud barbarico e retrivo, osservato da vicino con sguardo insieme ferocemente critico e dolorosamente partecipe. Anche in questo caso il punto di vista scelto è la condizione della donna, vittima di ogni sorta di pregiudizi maschilisti e soprusi famigliari. Se Dissonorata ruotava infatti intorno al tema del delitto d’onore, dell’onta da lavare, la Borto – come il titolo stesso suggerisce – parla invece di una gravidanza interrotta al tempo dei ferri da calza e delle mammane. Vittoria, la protagonista, è costretta a sposarsi a tredici anni con un uomo bruttissimo e sciancato, che neppure conosce, e che la mette incinta senza sosta. A ventotto anni Vittoria ha già sette figli, e quando se ne annuncia un altro in arrivo non ce la fa più, si ribella, abortisce a prezzo di gravi sofferenze. La vicenda risale a qualche decennio fa, ma non è che oggi le cose vadano meglio: e infatti alla fine del racconto una sua nipote, in una situazione analoga, dovrà spostarsi al Nord, dove però troverà ugualmente ostilità e pregiudizi. Questa materia ispida, difficile da trattare senza cadere nella retorica o negli eccessi emotivi viene affrontata come dall’interno, con la pacata oggettività di un lucido spaccato antropologico, espresso in un aspro dialetto locale che sembra emergere prepotentemente dalla realtà stessa della vita. L’urgenza della testimonianza si stempera spesso nell’ironia, nella tenerezza, in una dolcezza rassegnata incarnata soprattutto dal legame che Vittoria stabilisce in un sogno con un Cristo dapprima irato, poi sempre più pietoso e comprensivo. Ma il vero miracolo lo compie ancora una volta l’attore-autore che, seduto sulla sua sedia, in pantaloni e maglietta di lana, senza dunque rinunciare alla propria identità maschile, puntando solo sulle posture, sulle intonazioni, sulle risonanze interiori riesce a evocare l’emblema di una femminilità offesa, ferita: è straordinaria la sua capacità di giocare coi dettagli, le ciabatte, le incongrue calzette azzurre. E poi c’è il musicista Gianfranco De Franco, i cui strumenti a fiato aggiungono risonanze lancinanti all’acre narrazione.

Renato Palazzi – Il Sole 24 ore – 14.03.2010

 

[…] Saverio La Ruina, l’attore-regista calabrese che in questi anni si è imposto anche come autore dalla forte e personalissima vena espressiva, attento soprattutto a denunciare le violenze e le discriminazioni subite dalle donne del Sud. I suoi due monologhi precedenti, Dissonorata e La Borto, in questo senso sono ormai da considerare dei piccoli classici. […]

Renato Palazzi – Myword.it – 25.11.2011

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