Corriere della Sera – Magda Poli
by on December 21, 2015 in ITALIANESI

19.09.2012

È uno spettacolo che con semplicità, amalgamata a una lievità coinvolgente che sa trasformarsi in ficcanti «a fondo» nella ragione, nel cuore, nella coscienza, racconta in apparente tono minore, in realtà in un urlo di sentimenti trattenuti e calpestati, l’orrore delle dittature, narra di vite annientate solo per essere nate nel posto sbagliato. Parla di destini di pena, di pesante rassegnazione, annichilimento di uomini che non sono che piccole, miserevoli cose dai contorni indefiniti, i nemici. Sono gli «Italianesi » (al Piacenza Festival), non fusione di parole bensì preciso segno di un «non essere»: né Italiani né Albanesi. È l’ultimo struggente spettacolo di uno straordinario Saverio La Ruina (foto), che partendo dalla storia del mite Tonino narra quella sepolta, ignorata, vergognosa di migliaia di soldati e civili italiani, mandati in Albania dalla dittatura mussoliniana che a fine guerra rimangono là, «intrappolati» da un’altra dittatura che li espelle, li divide, li interna, compresi donne e bambini: i nemici. Per Tonino, nato nel 1951 che ha imparato da un sarto calabrese il mestiere e «l’italiano», l’orizzonte è stato per 40 vessati anni, un filo spinato e quando tornerà in Italia sulle tracce del padre, si sentirà uno straniero, un non voluto perché la sola sua presenza disturba, obbliga alla riflessione, suscita colpe, evoca errori, orrori e infamità. Saverio La Ruina, in una lingua calda e pastosa che scivola in un dolce accento, con la sua capacità di lettura antropologica, con il suo senso della poesia e del ritmo, da vita a un monologo che proprio perché porto con una mitezza disarmante, con i toni sfumati e lievi dell’acquarello, riesce ad acquistare la forza di un’incisione di Goya. Il suo Tonino è un uomo remissivo, di quell’ingenuità che non sa vedere il male nella sua interezza e crede e spera, mantenendo sempre saldo il timone della sua calda umanità.

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