Hystrio – Claudia Cannella

 

Eterna giovinezza, precarietà, disoccupazione. E poi lefurbizie del Belpaese, tra falsi invalidi e pensioni dimorti riscosse per anni. L’Italia non è un paese per giovani, ormai si sa. I cosiddetti “giovani” hanno l’età in lire e i diritti in euro, il curriculum scritto quando ancora non esisteva Windows. Sono rimasti al palo perché tutto l’occupabile è occupato da dinosauri inamovibili,infestanti e soffocanti come i fiori di loto senza averne certo né la grazia né la bellezza. Dario De Luca, già fondatore,autore e attore della compagnia Scena Verticale,dice di essere passato direttamente da “cantante da doccia” al palcoscenico. Chapeau! Ce ne sono tanti che sarebbe meglio facessero il percorso inverso. È una vera bella sorpresa lo spettacolo che ha proposto a Castiglioncello, una forma inedita di teatro canzone, piena di arguzia e di intelligenza nei testi quanto brillante nella parte musicale (con l’ottima Omissis Mini Órchestra), che mescola in modo originale sonorità swing, jazz, rythm n’blues e rock n’roll. Con Sergio  Caputo nume tutelare. Sostiene, De Luca, di avere bislacche parentele con il teatro-canzone di Giorgio Gaber, con Enzo Jannacci e Paolo Rossi. Vero, ma poi prende una strada tutta sua. E si rivela, oltre che ottimo attore (ma questo già lo sapevamo), un formidabile frontman dalla voce calda e suadente, sornione come un gatto capace di sfoderare gli artigli quando meno te lo aspetti. Affronta un tema che potrebbe farlo scivolare nel vittimismo. Invece no. Snocciola sogni e bisogni di una generazione senza futuro, quella dei trenta-quarantenni, con sana e feroce (auto)ironia. Divora libri a pranzo e cena perché non è vero che con la cultura non si mangia. Poi, avvolto nel tricolore e con mitria vescovile, fa una predica quasi blasfema sui miracoli italiani, il boom economico e Berlusconi. Intanto dalla giovinezza all’andropausa il passo è sempre più breve e l’età adulta si salta a piè pari. Con l’italica benedizione dello Stato, della politica e della società. O forse sarebbe meglio dire l’estrema unzione. E non a caso lo spettacolo si chiude con una geniale riscrittura di Guarda che luna di Buscaglione, che si trasforma prima in marcia funebre da banda di paese e poi, inaspettatamente, nei ritmi “vitali” di un funerale di New Orleans.Forse non tutto è perduto.

Claudia Cannella – Hystrio – n. 4, 2012

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